Vivere un lutto

Attualmente, il lutto non viene più contraddistinto da alcun segno esterno. Ogni giorno ci troviamo accanto, senza saperlo, a persone in lutto. Queste persone lavorano, mangiano in mensa e scherzano come noi. Esteriormente non lasciano trasparire nulla della loro sofferenza, tanto che si potrebbe (o si vorrebbe) pensare che tale sofferenza non esiste. Eppure…

Il lutto comporta un dolore profondo. La morte è infatti irreversibile, poiché strappa definitivamente alla vita la persona cara. Quello del lutto è un percorso lungo, caratterizzato da tappe che vanno vissute. Alla luce di queste considerazioni, la comunità (famiglia, istituzioni) dovrebbe essere più attenta al lutto dei suoi componenti, e dimostrare una maggior sensibilità nei confronti delle loro esigenze specifiche. Chi ha subito un lutto non si riprende nell’arco di pochi giorni. Ha bisogno di fare il suo percorso al proprio ritmo, sotto lo sguardo compassionevole dei suoi simili. Ha bisogno di parlare del defunto, delle circostanze del decesso, dei ricordi comuni, delle emozioni che lo sopraffanno. Consentire questo spazio a chi è in lutto significa permettergli l’evoluzione e la progressiva trasformazione del suo dolore.

Un lutto non «elaborato» comporta spesso problemi di ordine fisico, psicologico o relazionale. Oggi questo dato di fatto viene ignorato. Si tende a credere che il passare del tempo sia sufficiente a rimarginare la ferita. La situazione è ben diversa. A nessuno verrebbe in mente di pensare che il tempo possa guarire una ferita di natura fisica: non curata, la ferita si infetta. Questo principio vale anche per le ferite psichiche: hanno bisogno di essere disinfettate per potersi finalmente cicatrizzare, con l’aiuto degli altri.

Articoli Correlati

- Annuncio pubblicitario -

Articoli Recenti