Nutriterapia e Parkinson

 

Circa l’1% della popolazione di più di 50 anni è vittima del morbo di Parkin­son, una delle malattie neurologiche più frequenti. Descritta per la prima volta all’inizio del XIX secolo dal medico inglese di cui porta il nome, la sindrome parkinsoniana è caratterizzata da tremore a riposo, rigidità muscolare e lentezza dei movimenti. Se la causa del parkinsonismo è tuttora sconosciuta, il suo meccanismo è invece noto da vari decenni. Si tratta di una degenerazione progressiva delle cellule nervose del locus niger, un nucleo grigio situato nell’encefalo. Questo processo provoca una produzione insufficiente di un neurotrasmettitore cerebrale, la dopamina. Il trattamento del morbo di Parkinson si basa sostanzialmente sulla somministrazione di levodopa (o L-dopa), sostanza che l’organismo è in grado di trasformare in dopamina. Solitamente questo farmaco consente al paziente di continuare a svolgere le proprie attività, garantendogli una vita di durata normale. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, la sua efficacia diminuisce con gli anni: c’è quindi il rischio di una brusca ricomparsa dei sintomi. 

Il ruolo degli integratori

Il morbo di Parkinson fa parte delle sindromi degenerative (caratterizzate da degenerazione ossidativa). Un apporto elevato di sostanze antiossidanti, attraverso l’assunzione di integratori, rende meno vulnerabili a questa malattia e può addirittura rallentarne il decorso. Attualmente, tra gli antiossidanti più efficaci contro questa patologia figurano le vitamine C ed E e un oligoelemento, il selenio.
E’ inoltre consigliata l’assunzione di vitamine del gruppo B, per un duplice motivo: il loro fabbisogno aumenta in caso di stress (sempre associato alle patologie croniche) e l’eventuale carenza può aggravare il quadro clinico. Vanno però evitate dosi di vitamina B6 superiori ai 50mg, che contrasterebbero l’azione della L-dopa. L’acido gamma-linolenico in capsule, invece, sotto forma p.es. di olio di borragine o di eno­tera, risulta efficace nel ridurre i tremori.

Come abbiamo visto, la secrezione di dopamina è insufficiente nei parkinsoniani; i vari sintomi possono pertanto essere alleviati dagli aminoacidi che partecipano alla sintesi di questo neuromediatore: la fenilalanina e la tirosina. Un miglioramento della mobilità, come pure dell’umore e del sonno, è stato spesso constatato con l’assunzione di un altro amino­acido, la metionina, anch’esso come integratore.

Ai pazienti che assumono L-dopa si consiglia una dieta povera di proteine (carne, pesce, uova e latticini). La levodopa fa infatti parte degli aminoacidi che entrano in competizione per l’assorbimento cerebrale dal sangue. Un minor apporto di proteine (e quindi di aminoacidi) può facilitare la penetrazione della L-dopa nel cervello, e di conseguenza aumentarne l’efficacia.

Rita Ducret-Costa
Caporedattore di vitamag®, farmacista laureata all'Università di Bologna, nutrizionista e omeopata.

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